PATTO DI FAMIGLIA – UNO STRUMENTO AGEVOLATO E SICURO
PER IL PASSAGGIO GENERAZIONALE DELL’IMPRESA
LE RISPOSTE ALLE DOMANDE PIU’ RICORRENTI
1) Cos’é?
Con la l. n 55/2006, il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento, rispondendo a esigenze avvertite da tempo dalla prassi, l’istituto del patto di famiglia. Si tratta di un contratto con il quale l’imprenditore o titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda o le partecipazioni sociali a uno o più discendenti; quest’ultimi si obbligano a liquidare, al coniuge e agli altri partecipanti al patto che sarebbero legittimari, ove in quel momento si aprisse la successione del disponente, una somma corrispondente alle quote di legittima previste dagli artt. 536 e ss. c.c., calcolata in base al valore dei beni produttivi trasferiti.
2) A cosa serve?
La ratio di tale istituto è quella di preservare l’integrità e continuità dell’impresa nei passaggi generazionali, nel rispetto della posizione dei legittimari: esigenza questa fortemente sentita in un sistema capitalistico come quello italiano caratterizzato da un elevato numero di piccole e medie imprese rispetto alle quali si erge la figura del “fondatore” che ad un certo punto sente l’esigenza di selezionare tra i suoi eredi il più dotato di attitudini imprenditoriali per investirlo della leaderschip nella gestione dell’azienda di famiglia, tutelando allo stesso tempo le legittime aspettative degli atri eredi.
Scopo del patto di famiglia è dunque da un lato quello di consentire all’imprenditore di disciplinare nell’ambito della propria famiglia, il passaggio nella titolarità e gestione dell’azienda familiare, in modo da assicurare, con il consenso di tutti, un subentro che non esponga il nuovo titolare dell’azienda a rischi di rivendicazione da parte degli altri familiari, che possano mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza dell’attività aziendale, dall’altro quello di scongiurare un depauperamento a carico degli altri potenziali legittimari o comunque una lesione della loro quota legittima.
Con il patto di famiglia l’imprenditore dispone, finalmente, dello strumento per pianificare il cd. “passaggio generazionale” ossia per trasferire a titolo gratuito la propria azienda (individuale o societaria nei limiti della propria partecipazione) ad alcuni dei propri discendenti, senza che l’operazione possa poi essere messa in discussione da parte degli altri familiari al momento dell’apertura della successione dell’imprenditore (come disposto dalla legge, infatti, sono disattivati relativamente ai trasferimenti effettuati con il patto di famiglia i meccanismi della collazione e riduzione che invece restano sempre attivabili per lo strumento della donazione che pertanto non permette di “chiudere la partita” lasciando tutto incerto sino all’apertura della successione, specie nel caso di un sensibile aumento del valore dell’azienda determinato dalle capacità soggettive del discendente beneficiario). E non a caso autorevoli ricostruzioni hanno posto l’accento sulle finalità divisionali e di regolamentazione preventiva dei rapporti successori del patto di famiglia, nel senso, cioè, di consentire, già durante la vita dell’imprenditore, l’estromissione del “bene azienda” dalla futura comunione ereditaria.
3) Chi deve partecipare?
Sulla scorta del dettato legislativo (art. 768 quater c.c.: “…al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore…”), al patto di famiglia deve intervenire l’intera compagine familiare dell’imprenditore e precisamente tre categorie di soggetti:
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il disponente, ovvero l’imprenditore che trasferisce, a titolo gratuito, senza corrispettivo alcuno, l’azienda (o le partecipazioni societarie) per garantire la sopravvivenza dell’azienda stessa nel delicato momento del “passaggio generazionale”;
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il/i partecipante/i assegnatario dei beni d’impresa, ovvero il beneficiario (o i beneficiari) cui viene attribuita l’azienda (alla cui gestione, nella maggior parte dei casi, sta già fattivamente collaborando) o le partecipazioni societarie;
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i partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa, ovvero i familiari “potenziali legittimari” (ossia il coniuge ed i figli legittimi-legittimati-naturali-adottivi ovvero i nipoti in caso di figli premorti e, più in generale, tutti coloro che sarebbero legittimari se si aprisse in quel momento la successione del disponente) il cui intervento è richiesto per “consolidare” l’acquisto in capo al beneficiario, ponendolo al riparo da possibili future azioni di riduzione ed escludendolo dall’obbligo della collazione, a fronte di un compenso ricevuto e formalizzato nel medesimo patto di famiglia che corrisponde alla liquidazione dei propri diritti di legittima calcolati sul valore dell’azienda (o delle partecipazioni societarie) trasferita.
4) Cosa si trasferisce al beneficiario prescelto?
A) L’azienda, nel caso di imprenditore individuale. Si precisa che:
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è possibile trasferire anche una parte dell’azienda, un cd. ramo di azienda;
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si potranno escludere dall’azienda singoli beni mobili o immobili compresi nel complesso produttivo (per attribuirli magari ai potenziali legittimari non assegnatari), fermo restando che questo deve pur sempre mantenere la propria idoneità all’esercizio dell’impresa;
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è possibile trasferire anche un’azienda già concessa in usufrutto o in affitto (si pensi ad un’azienda già affittata al discendente prescelto come continuatore della stessa);
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è possibile per l’imprenditore trasferire al discendente prescelto non solo la piena proprietà dell’azienda ma anche il diritto di usufrutto sulla stessa ovvero la nuda proprietà (magari riservandosi il diritto di usufrutto al fine di poter gestire l’azienda, ed assumersene i rischi ed oneri, fino al momento della sua morte termine a partire dal quale il complesso produttivo si trasferirebb in piena proprietà al soggetto prescelto)
B) Partecipazioni societarie, nel caso di impresa esercitata con il veicolo societario. Si precisa che:
- è necessario rispettare la disciplina prevista, di volta in volta, dalla legge o dagli accordi delle parti, per il trasferimento di quote nei vari tipi di società (così a titolo di esempio se si tratta di snc sarà necessario il consenso di tutti i soci ex art. 2252 c.c., ovvero se srl il rispetto di eventuali clausole di prelazione o di gradimento previste in statuto);
- è possibile per il disponente trasferire anziché l’intera partecipazione che detiene in una determinata società (cessandone, in tal modo di farne parte), soltanto una frazione della stessa (continuando a far parte della società seppur con una minore quota di partecipazione);
- è possibile per il disponente trasferire al discendente prescelto non solo la piena proprietà della partecipazione ma anche il diritto di usufrutto sulla stessa ovvero la nuda proprietà;
- in caso di partecipazioni in società di capitali si ritiene che la partecipazione trasferita (ovvero una frazione di essa) debba avere una misura tale da consentire al beneficiario di influire sulla gestione della società attraverso il proprio voto in assemblea (per tale ragione non potrebbero costituire oggetto del patto di famiglia un numero esiguo di azioni di una S.p.a. in quanto espressione più che di una gestione imprenditoriale di una forma di investimento/risparmio non coerente con le finalità del patto di famiglia; azioni queste che invece potrebbero essere assegnate ai partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa);
5) A chi può essere trasferita l’azienda (o le partecipazioni societarie)?
La legge parla di discendenti dell’imprenditore; questo significa che assegnatario dei beni d’impresa:
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non può essere il coniuge dell’imprenditore;
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possono essere ulteriori discendenti dell’imprenditore che al momento della conclusione del patto di famiglia non rivestano la qualità di legittimari (si pensi ai nipoti dell’imprenditore in presenza dei figli dello stesso in vita al momento del patto i quali ultimi, pertanto, rivestiranno la qualifica di partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa). Si precisa inoltre che assegnatario dell’azienda potrebbe essere anche un minore (fermo restando la necessità delle prescritte autorizzazioni);
- possono essere più soggetti (discendenti, ad esempio due figli ovvero figlio e nipote per quote e/o diritti uguali o diversi): in tal caso dalla contitolarità sorgerebbe una società di fatto che per poter essere iscritta nel Registro Imprese andrà regolarizzata (se destinata ad operare come società di persone) o trasformata (se destinata ad operare come società di capitali).
6) Quali norme rispettare nel caso in cui l’azienda trasferita fosse esercitata anche come impresa familiare?
In tal caso dovrà essere rispettato il disposto dell’art. 230 bis c.c. al fine di regolare e definire i diritti spettanti ad eventuali collaboratori familiari diversi dai partecipanti al patto di famiglia (eventuali crediti su utili ed incrementi e rinuncia alla prelazione sull’azienda agli stessi spettanti).
7) Come si quantificano i diritti spettanti ai partecipanti non assegnatari dell’azienda (o delle partecipazioni societarie)?
A fronte del consenso al patto di famiglia prestato dai legittimari non assegnatari, con conseguente “estromissione” dalla futura comunione ereditaria del “bene azienda” (e suo affrancamento dalla collazione e dalla riduzione), tali familiari devono essere liquidati con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote di legittima loro riconosciute dagli articoli 536 e segg. c.c. Al riguardo si precisa:
- la base di calcolo ai fini della determinazione del valore delle quote spettanti ai non assegnatari dell’azienda (o delle partecipazioni), è esclusivamente il valore dell’azienda trasferita (tenedo conto tra l’altro dell’avviamento) o delle partecipazioni al momento della stipula del patto di famiglia (senza che possano acquistare rilievo i mutamenti successivamente intervenuti); quanto alla quantificazione di tale valore lo stesso è rimesso alla volontà di tutti i partecipanti (ferma restando l’opportunità di ricorrere ad una perizia di stima, eventulamente asseverata con giuramento, redatta da un tecnico incaricato dalle parti, ovvero l’utilizzo di una situazione patrimoniale);
- sul valore sopra determinato dell’azienda (o delle partecipazioni societarie) si dovrà calcolare il valore spettante ai partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa che, come detto, corrisponderà alle quote di legittima loro spettanti se al momento della stipula del patto di famiglia si aprisse la successione del disponente (così ad esempio nel caso di attribuzione di una azienda all’unico figlio del valore di 600 al coniuge del disponente spetterebbe un valore di 200);
- la liquidazione dei partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa non è elemento essenziale del patto in quanto gli stessi ben possono rinunciare alla loro liquidazione (la rinuncia può essere fatta anche da alcuni e potrà anche essere parziale).
8) Chi (e con quali modalità) deve procedere alla liquidazione in favore dei partecipanti non assegnatari dell’azienda (o delle partecipazioni societarie)?
Una volta quantificati i diritti dei partecipanti non assegnatari dei beni d’impresa si dovrà procedere alla loro liquidazione (salvo che gli stessi o alcuni di essi non vi abbiano rinunziato). La legge dispone che a tale liquidazione deve provvedere la parte beneficiaria dell’azienda o delle partecipazioni societarie (a titolo di corrispettivo dei beni d’impresa ricevuti con il patto di famiglia); le modalità di legge per procedre alla liquidazione sono diverse, ed in particolare:
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mediante versamento in denaro (modalità ordinaria);
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mediante trasferimento di beni
in natura, quali immobili, partecipazioni societarie, titoli, o qualsiasi altro bene e/o valore (si pensi ad esempio anche alla costituzione di una
polizza vita di nuova generazione) (modalità alternativa in presenza del consenso del familiare che riceve la liquidazione in natura);
- in parte mediante trasferimento di beni in natura ed in parte mediante versamento in denaro (modalità alternativa in presenza del consenso del familiare che riceve la liquidazione in natura);
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pagamento dilazionato nel tempo (ferma restando l’immediato e definitivo prodursi del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni societarie e, più in generale, degli effetti del patto di famiglia);
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è anche possibile procedere alla liquidazione con un successivo contratto, espressamente collegato al primo ed al quale interveranno tutti i partecipanti del patto di famiglia.
9) E’ possibile che alla liquidazione dei partecipanti non assegnatari dell’azienda (o delle partecipazioni societarie) provveda il disponente?
Come sopra detto, la legge pone a carico del beneficiario dell’azienda o delle partecipazioni societarie (a titolo di corrispettivo dei beni d’impresa ricevuti con il patto di famiglia) l’obbligo di liquidare gli altri partecipanti. Tuttavia è legittimo che alla liquidazione degli altri partecipanti (che non hanno rinunziato al loro credito) provveda direttamente l’imprenditore/disponente (esigenza peraltro particolarmente frequente in tutte le ipotesi in cui il beneficiario non sia nelle condizioni economiche tali da poter soddisfare le pretese liquidatorie degli altri partecipanti): in tale ipotesi, l’imprenditore/disponente estinguerebbe il debito del beneficiario a mezzo di un adempimento del terzo ed a titolo di liberalità indiretta (atteggiandosi tali trasferimenti come adempimento del terzo sarà ben possibile che agli stessi provveda un “terzo” diverso dal disponente, ad esempio l’altro coniuge).
10) Quali sono gli effetti del patto di famiglia?
Per tutte le assegnazioni fatte nel patto di famiglia (tanto quella dell’azienda o delle partecipazioni societarie all’assegnatario prescelto, quanto quelle in favore dei partecipanti non assegnatari dei beni di impresa a titolo di liquidazione) vengono disattivati i meccanismi della riduzione e collazione (ovvero sono definitive e non possono più essere rimesse in discussione all’apertura della successione del disponente) e quanto ricevuto sarà imputato (secondo i valori stabiliti nel patto di famiglia) alle quote di legittima spettanti all’apertura della successione del disponente.
Si precisa che nel caso in cui alla liquidazione dei partecipanti non assegnatari abbia provveduto il disponente o un terzo in luogo dell’assegnatario dell’azienda, fermo restando che anche per tali assegnazioni sono disattivati i meccanismi della riduzione e collazione con l’onere per chi li riceve di imputarli alla propria quota di legittima, il beneficiario dell’azienda o delle partecipazioni societarie sarà al contempo anche beneficiario della liberalità indiretta costituita dall’adempimento fatto dal terzo del suo obbligo di liquidazione: liberalità indiretta che sarà soggetta alle ordinarie regole successorie.
11) Quanto ricevuto con il patto di famiglia cade in comunione legale?
No, in quanto trattasi di bene personale ricevuto a titolo di liberalità: conclusione questa da valere non solo per l’azienda e per gli altri beni assegnati ma anche per il denaro ricevuto a titolo di liquidazione; denaro che pertanto se riutilizzato per l’acquisto di un bene escluderà quest’ultimo dalla comunione legale trattandosi di bene personale (purchè all’atto di acquisto intervenga l’altro coniuge che confermi la natura personale del denaro in quanto rinveniente dalla liquidazione prevista nel patto di famiglia).
12) Il patto di famiglia può essere sciolto o modificato?
Si, come tutti i contratti. In particolare la legge stabilisce che può essere sciolto o può essere modificato mediante nuovo contratto, da redigersi nella forma di atto pubblico, e da approvarsi da tutte le persone che hanno concluso il patto di famiglia.
13) I vantaggi fiscali del patto di famiglia
Le attribuzioni effettuate tramite il patto di famiglia rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta sulle successioni e donazioni (come sostenuto anche dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18E del 29 maggio 2013). La rinuncia alla liquidazione compiuta da alcuni o da tutti i partecipanti non assegnatari è soggetta ad una sola imposta fissa di registro (pari a 200 euro), in quanto atto a contenuto non patrimoniale (anche in questo caso vedasi la citata Circolare n. 18E).
Peraltro si ricorda che l’assegnazione dell’azienda o delle partecipazioni societarie al beneficiario prescelto effettuata tramite il patto di famiglia gode di una rilevante agevolazione fiscale. In particolare l’articolo 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346/1990, come da ultimo modificato dalla legge finanziaria per il 2008, dispone che “I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia (…) a favore dei discendenti, ….di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta”. Per poter godere (e mantenere) tale agevolazione devono ricorrere i seguenti requisiti:
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deve trattarsi di trasferimento effettuato tramite patto di famiglia (in favore di discendente) di aziende o rami di esse, quote sociali e azioni (sono esclusi altri titoli quali quelli obbligazionari considerato che la ratio della norma è quella di favorire il passaggio generazionale delle aziende, individuali o societarie, di famiglia);
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nel caso di quote sociali o azioni emesse società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, l’esenzione spetta per il solo trasferimento di partecipazioni mediante le quali é acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile (ovvero quando un soggetto dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” di una società, ossia detiene, più del 50 % delle quote o azioni della società, con diritto di voto nella assemblea ordinaria. L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 18E del 29 maggio 2013 ha inoltre specificato che la verifica del requisito dell’acquisizione o integrazione del controllo previsto per la fruizione dell’agevolazione in discorso deve essere effettuata anche in considerazione di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 2359, secondo cui “ai fini dell’applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi”). Come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate con citata Circolare n. 18E, tale requisito del “controllo” non è richiesto per le quote delle società di persone (potendo pertanto essere trasferita una quota del 20%);
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è necessario che il beneficiario prosegua l’esercizio dell’attività d’impresa (in caso di trasferimento di azienda o di rami di essa) ovvero detenga il controllo (in caso di trasferimento di quote sociali e di azioni) per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo contestualmente nel patto di famiglia apposita dichiarazione in tal senso.
In tema di decadenza dalla superiore agevolazione, l’Agenzia delle Entrate, con la citata Ciroclare n. 18E del 29 maggio 2013, ha precisato:
- la decadenza dal beneficio può verificarsi anche in modo parziale, come, ad esempio, nell’ipotesi in cui il beneficiario, nel quinquennio, ceda un ramo dell’azienda. In tal caso, la decadenza dal beneficio si verifica limitatamente al ramo di azienda trasferito, purché, per la parte d’azienda non trasferita, il cedente prosegua l’esercizio dell’attività d’impresa;
- il conferimento dell’azienda o della partecipazione in un’altra società non è causa di automatica decadenza dall’agevolazione. Il conferimento, ai fini del mantenimento dell’agevolazione in parola, può essere assimilato, infatti, al proseguimento dell’esercizio dell’attività d’impresa. In particolare, la condizione della prosecuzione dell’attività d’impresa e da intendersi assolta nell’ipotesi in cui, prima del decorso di cinque anni dal patto di famiglia: – il beneficiario conferisca l’azienda in una società di persone, indipendentemente dal valore della partecipazione ricevuta a fronte del conferimento; – il beneficiario conferisca l’azienda in una società di capitali, purché, in tal caso, le azioni o quote assegnategli a fronte del conferimento consentano di conseguire o integrare il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile;
- deve intendersi assolto il requisito della prosecuzione dell’attività d’impresa nell’ipotesi di: – trasformazione, fusione o scissione che diano origine a società di persone ovvero incidano sulle stesse, a prescindere dal valore della quota di partecipazione assegnata al socio; – trasformazione, fusione o scissione che diano origine o incidano su società di capitali, purché il socio mantenga o integri, nella società di capitali, una partecipazione di controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile;
- il mancato rispetto delle condizioni esaminate, comporta la decadenza dal beneficio e il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, oltre alla sanzione del 30%, e gli interessi di mora (2,5% per ogni semestre compiuto) decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata. In caso di decadenza parziale, la maggiore imposta e le sanzioni si applicano solamente sulla parte in relazione alla quale si è verificata.
In base all’espresso rinvio alla disposizione agevolativa di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del D.Lgs. n. 346/1990, recato rispettivamente dagli articoli 1, comma 2 e 10, comma 3, del D.Lgs. n. 347/1990, nell’ipotesi di attribuzione di azienda o di un ramo di essa nella quale siano compresi beni immobili o diritti reali immobiliari (e per la quale ricorrano le superiori condizioni per l’esenzione) le relative formalità di trascrizione e voltura catastale sono esenti dalle imposte ipotecaria e catastale.
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